
Come spiegare di essere “Sampdoriani a Milano”?
Non lo so neppure io, milanese di nascita e di origini sardo misto lombardo. Rapporti di sangue con la Liguria praticamente nessuno! Le estati in riviera da bambino, come molti milanesi le passano, forse l’unico legame.
Eppure alle elementari mi sono innamorato di questa squadra. Mi sentivo il bambino “diverso”, contornato di milanisti, interisti e juventini. Loro vincevano e gioivano, io a malapena ho vissuto la scia dei successi della Sampd’oro di Mantovani. Sfogliando le foto di quel tempo vedo i miei amici con le magliette “strisciate”, io invece avevo già la maglietta blucerchiata. E ne andavo orgoglioso. Ricordo ancora un giorno al mercato sempre da ragazzino, con la mia immancabile sciarpa blucerchiata, mi fermò un signore e mi disse “ma tifi per la Sampdoria? Complimenti…” e mi strinse la mano. Era un genovese emigrato! Crescendo la situazione non cambiava, alle medie ai campionati d’istituto io ero sempre quello con la maglietta blucerchiata…anche il giorno che per la prima volta conobbi l’incubo della retrocessione in serie B indossai con orgoglio la mia sciarpa blucerchiata la mattina successiva a scuola.
Oggi come ieri continua la mia vita a Milano, girando per la città, indosso sempre i miei colori con cui mi identifico: dal braccialetto, al portachiavi, alla mia pashmina o sciarpa. Spesso questi splendidi colori passano inosservati nel grigio della città ma accade anche a volte di esser fermato da persone: persone che come me si identificano in questi colori e li notano nell’indifferenza degli altri passanti. Persone che neanche conosci ma con cui condividi la stessa passione che da un momento all’altro ti trasforma da perfetti estranei a come se fossimo amici di vecchia data. L’identità di noi blucerchiati è un valore che non mancherà mai…e a distanza di 130 km ci unisce come paesani in terra straniera…
Gianluca, 30 anni
Infermiere a Milano
Non lo so neppure io, milanese di nascita e di origini sardo misto lombardo. Rapporti di sangue con la Liguria praticamente nessuno! Le estati in riviera da bambino, come molti milanesi le passano, forse l’unico legame.
Eppure alle elementari mi sono innamorato di questa squadra. Mi sentivo il bambino “diverso”, contornato di milanisti, interisti e juventini. Loro vincevano e gioivano, io a malapena ho vissuto la scia dei successi della Sampd’oro di Mantovani. Sfogliando le foto di quel tempo vedo i miei amici con le magliette “strisciate”, io invece avevo già la maglietta blucerchiata. E ne andavo orgoglioso. Ricordo ancora un giorno al mercato sempre da ragazzino, con la mia immancabile sciarpa blucerchiata, mi fermò un signore e mi disse “ma tifi per la Sampdoria? Complimenti…” e mi strinse la mano. Era un genovese emigrato! Crescendo la situazione non cambiava, alle medie ai campionati d’istituto io ero sempre quello con la maglietta blucerchiata…anche il giorno che per la prima volta conobbi l’incubo della retrocessione in serie B indossai con orgoglio la mia sciarpa blucerchiata la mattina successiva a scuola.
Oggi come ieri continua la mia vita a Milano, girando per la città, indosso sempre i miei colori con cui mi identifico: dal braccialetto, al portachiavi, alla mia pashmina o sciarpa. Spesso questi splendidi colori passano inosservati nel grigio della città ma accade anche a volte di esser fermato da persone: persone che come me si identificano in questi colori e li notano nell’indifferenza degli altri passanti. Persone che neanche conosci ma con cui condividi la stessa passione che da un momento all’altro ti trasforma da perfetti estranei a come se fossimo amici di vecchia data. L’identità di noi blucerchiati è un valore che non mancherà mai…e a distanza di 130 km ci unisce come paesani in terra straniera…
Gianluca, 30 anni
Infermiere a Milano

Non ci sono aneddoti o strane coincidenze e nemmeno lo storico scudetto del 91: Io sono nato sampdoriano e mi dispiace per gli altri!!!
Incomincio così questo mio racconto tanto per fugare dall'immaginario collettivo qualsivoglia natura eufemistica della mia nascita in quel di Taranto nell'84. Ebbene sì sono nato e cresciuto a Taranto e chi mi conosce sa bene che l'accento non è tanto cambiato nel corso degli anni così come la mia voglia di Samp.
Ancora oggi mi chiedono come fa un tarantino a tifare “la Doria” ed io, in un modo quasi sciocco e comunque molto pungente, gli rispondo che solo chi è Sampdoriano può capire cosa vuol dire non solo tifare per una squadra di calcio ma amare e difendere un principio, un'idea assoluta di libertà.
A proposito lo so che “la Doria” non esiste ma cosa ci posso fare se vivo,viviamo in un mondo di ignoranti.
Ancora oggi mi ricordo quando giocavo a calcio nel campetto del quartiere e la mia maglia, dai colori più belli del mondo, risaltava al confronto di quella delle “strisciate”.
“Cù ci vè, co a Sampdoria? (A che squadra tieni, la Sampdoria?)
Ebbene si almeno la pronuncia del nome della mia squadra era giusta anche se nel contenuto la domanda era implicita di un sentore misto tra lo stupore e l'invidia. Tutti mi riconoscevano di tifare la squadra più simpatica e con la tifoseria più colorata.
Nel corso degli anni dopo aver vissuto anni tristi ho potuto constatare che i sampdoriani sono una “specie” rara: non parlo di stile perché la parola stessa non rientra nei miei canoni ideologici di voler rappresentare qualcosa di sano e puro; questo lasciamolo dire agli scribacchini ai tempi del grande Paolo.
Io rappresento me stesso e come me l'insieme di persone con la sciarpa al collo che ogni domenica, mercoledì,lunedì ecc (maledetto calcio spezzatino) seguono, incitano e sognano per l'unica squadra di Genova.
Sono passati anni, molte città nelle quali ho vissuto ma sempre contraddistinto dalla mia duplice natura: Un Sampdoriano tarantino (doppio aggettivo ma un unico grande cuore che batte per la “regina sotto i riflettori”).
Ora vivo a Milano, ho partecipato alla creazione di questo Grande Club e ne vado fiero.
“Non ho trovato solo nuovi amici ma compagni di una vita”.
Nicola, 30 anni
Store Manager a Milano
Incomincio così questo mio racconto tanto per fugare dall'immaginario collettivo qualsivoglia natura eufemistica della mia nascita in quel di Taranto nell'84. Ebbene sì sono nato e cresciuto a Taranto e chi mi conosce sa bene che l'accento non è tanto cambiato nel corso degli anni così come la mia voglia di Samp.
Ancora oggi mi chiedono come fa un tarantino a tifare “la Doria” ed io, in un modo quasi sciocco e comunque molto pungente, gli rispondo che solo chi è Sampdoriano può capire cosa vuol dire non solo tifare per una squadra di calcio ma amare e difendere un principio, un'idea assoluta di libertà.
A proposito lo so che “la Doria” non esiste ma cosa ci posso fare se vivo,viviamo in un mondo di ignoranti.
Ancora oggi mi ricordo quando giocavo a calcio nel campetto del quartiere e la mia maglia, dai colori più belli del mondo, risaltava al confronto di quella delle “strisciate”.
“Cù ci vè, co a Sampdoria? (A che squadra tieni, la Sampdoria?)
Ebbene si almeno la pronuncia del nome della mia squadra era giusta anche se nel contenuto la domanda era implicita di un sentore misto tra lo stupore e l'invidia. Tutti mi riconoscevano di tifare la squadra più simpatica e con la tifoseria più colorata.
Nel corso degli anni dopo aver vissuto anni tristi ho potuto constatare che i sampdoriani sono una “specie” rara: non parlo di stile perché la parola stessa non rientra nei miei canoni ideologici di voler rappresentare qualcosa di sano e puro; questo lasciamolo dire agli scribacchini ai tempi del grande Paolo.
Io rappresento me stesso e come me l'insieme di persone con la sciarpa al collo che ogni domenica, mercoledì,lunedì ecc (maledetto calcio spezzatino) seguono, incitano e sognano per l'unica squadra di Genova.
Sono passati anni, molte città nelle quali ho vissuto ma sempre contraddistinto dalla mia duplice natura: Un Sampdoriano tarantino (doppio aggettivo ma un unico grande cuore che batte per la “regina sotto i riflettori”).
Ora vivo a Milano, ho partecipato alla creazione di questo Grande Club e ne vado fiero.
“Non ho trovato solo nuovi amici ma compagni di una vita”.
Nicola, 30 anni
Store Manager a Milano

Carissimi,
con questo articolo mi presentai (ormai più di vent'anni fa! :-O ) ai soci del vecchio Sampdoria Club Milano, utilizzando la rubrica "La voce dei tifosi" del giornalino del club: Milano Blucerchiata (la scelta di allora del nome si è rivelata profetica :-)). Massimo mi ci ha fatto ripensare durante la scorsa riunione de LA Milano Blucerchiata. In effetti, anche se è passato tanto tempo, rispecchia il mio esser Blucerchiata a Milano, prima dei cellulari, dei social e delle pay TV....
Caro Milano Blucerchiata,
(perdonate il banalissimo inizio ma non ho trovato di meglio), mi presento: sono nata nella Superba Genova il 26 Febbraio 1973, quindi ho 20 anni, mi chiamo Paola e, ovviamente, ho il sangue Blucerchiato.
Quando mi hanno proposto di scrivere un pezzo per questo spazio, ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto tantissimo ma nello stesso tempo mi è sorto il dubbio:"Ne sarò all'altezza?". Forse perchè ho sempre creduto che esprimere a parole tutto quello che si prova dentro, sia un'impresa per niente facile, quasi impossibile. per secoli grandi poeti hanno tentato di mettere in versi i loro sentimenti, il loro amore per una donna, solo pochissimi ci sono riusciti; forse anch'essi solo in parte. Il solo fatto di parlare dell'amore, che è il sentimento più strano, personale, spontaneo, che sfugge alla ragione più di ogni altro è difficilisimo; passi poi l'amore per una persona, un sentimento che tutti hanno provato, ma l'amore per una squadra di calcio..... qualcosa che se non lo si prova (ed io in questo mi sento parte di una ristretta élite fortunata) non lo si capirà mai.
Come si può spiegare qualcosa di così grande e totale che a volte sembra di non riuscire a trattenere?
Come allo stadio quando il tuo urlo di gioia (e purtroppo a volte anche di dolore) ti nasce nell'anima, sgorga dal cuore ed arrivato alla gola si trasforma in voce ed esplode fragorosamente assieme a quello di tutti gli altri tifosi, per salire al cielo e divenire un unico, immenso grido d'amore. Ecco, lo sapevo, mi odio quando faccio così: tutte le volte che parlo della Sampdoria abuso del termine amore... pensare che in tutta la mia vita non ho mai usato quel termine riferito a qualcosa che non fosse blucerchiato! Ho notato anche che finisco sempre per fare dei discorsi molto lunghi e contorti ... forse sarà perchè ci tengo ad esprimere bene quello che sento, senza cadere in banalità che potrebbero far apparire ciò che scrivo come "stupidaggini da adolescenti, che poi passeranno per lasciare spazio a cose più importanti". Probabilmente mi sto complicando eccessivamente la vita, in fondo credo che tutti quelli che leggeranno questa pagina sappiano benissimo di cosa sto parlando: di una cosa semplice, semplicissima, del mio essere, vivere e respirare Sampdoria.
Qualcosa che forse i lunghi anni di vita trascorsi a Milano mi han fatto credere fosse un sentimento strano. Mi sentivo una bestia rara quando, la domenica, piazzata davanti alla radio ed alla tv, per seguire le sorti della mia Samp, tutti mi ripetevano:"ma esci, cosa ci stai a fare in casa, vai a divertirti!". Ed io che non potevo fare a meno di soffrire (qualunque fosse il risultato in quel momento) e pregare che mi lasciassero in pace, dato che tanto non mi capivano, che mi lasciassero da sola ... si, sola insieme a tantissimi altri doriani!
"Coloro che sognano di giorno, sanno molte cose che sfuggono a chi sogna solamente la notte".
Questa frase l'ho vista scritta per la prima volta all'inizio di un articolo di Sampdoria Club. Credo che renda benissimo l'idea.
Il popolo blucerchiato è un popolo di pescatori (il che non è affatto un insulto, come invano cercano di farci credere i nostri avversari) che sulla loro barchetta, in mezzo al mare pensano, sognano, non si sa bene cosa, ma in fondo non è neppure importante. Il fatto è che loro sono là, al tramonto e guardano il punto in cui il cielo ed il mare (qualcosa che molti milanesi non sanno quasi neanche cosa siano) si toccano e confondono i contorni delle cose materiali, in una enorme macchia rossastra, evanescente.
E' così che ci si sente quando si respira la vita?
Forse è anche questo essere Sampdoriani: sentirsi parte di una ristretta cerchia di persone che hanno il privilegio di sentirsi come il pescatore, di provare emozioni che gli altri non proveranno mai.
Inutile ricordare come i cerchi orizzontali siano sempre i più belli.
Paola, 41 anni
Mamma Sampdoriana a Milano
con questo articolo mi presentai (ormai più di vent'anni fa! :-O ) ai soci del vecchio Sampdoria Club Milano, utilizzando la rubrica "La voce dei tifosi" del giornalino del club: Milano Blucerchiata (la scelta di allora del nome si è rivelata profetica :-)). Massimo mi ci ha fatto ripensare durante la scorsa riunione de LA Milano Blucerchiata. In effetti, anche se è passato tanto tempo, rispecchia il mio esser Blucerchiata a Milano, prima dei cellulari, dei social e delle pay TV....
Caro Milano Blucerchiata,
(perdonate il banalissimo inizio ma non ho trovato di meglio), mi presento: sono nata nella Superba Genova il 26 Febbraio 1973, quindi ho 20 anni, mi chiamo Paola e, ovviamente, ho il sangue Blucerchiato.
Quando mi hanno proposto di scrivere un pezzo per questo spazio, ho subito pensato che mi sarebbe piaciuto tantissimo ma nello stesso tempo mi è sorto il dubbio:"Ne sarò all'altezza?". Forse perchè ho sempre creduto che esprimere a parole tutto quello che si prova dentro, sia un'impresa per niente facile, quasi impossibile. per secoli grandi poeti hanno tentato di mettere in versi i loro sentimenti, il loro amore per una donna, solo pochissimi ci sono riusciti; forse anch'essi solo in parte. Il solo fatto di parlare dell'amore, che è il sentimento più strano, personale, spontaneo, che sfugge alla ragione più di ogni altro è difficilisimo; passi poi l'amore per una persona, un sentimento che tutti hanno provato, ma l'amore per una squadra di calcio..... qualcosa che se non lo si prova (ed io in questo mi sento parte di una ristretta élite fortunata) non lo si capirà mai.
Come si può spiegare qualcosa di così grande e totale che a volte sembra di non riuscire a trattenere?
Come allo stadio quando il tuo urlo di gioia (e purtroppo a volte anche di dolore) ti nasce nell'anima, sgorga dal cuore ed arrivato alla gola si trasforma in voce ed esplode fragorosamente assieme a quello di tutti gli altri tifosi, per salire al cielo e divenire un unico, immenso grido d'amore. Ecco, lo sapevo, mi odio quando faccio così: tutte le volte che parlo della Sampdoria abuso del termine amore... pensare che in tutta la mia vita non ho mai usato quel termine riferito a qualcosa che non fosse blucerchiato! Ho notato anche che finisco sempre per fare dei discorsi molto lunghi e contorti ... forse sarà perchè ci tengo ad esprimere bene quello che sento, senza cadere in banalità che potrebbero far apparire ciò che scrivo come "stupidaggini da adolescenti, che poi passeranno per lasciare spazio a cose più importanti". Probabilmente mi sto complicando eccessivamente la vita, in fondo credo che tutti quelli che leggeranno questa pagina sappiano benissimo di cosa sto parlando: di una cosa semplice, semplicissima, del mio essere, vivere e respirare Sampdoria.
Qualcosa che forse i lunghi anni di vita trascorsi a Milano mi han fatto credere fosse un sentimento strano. Mi sentivo una bestia rara quando, la domenica, piazzata davanti alla radio ed alla tv, per seguire le sorti della mia Samp, tutti mi ripetevano:"ma esci, cosa ci stai a fare in casa, vai a divertirti!". Ed io che non potevo fare a meno di soffrire (qualunque fosse il risultato in quel momento) e pregare che mi lasciassero in pace, dato che tanto non mi capivano, che mi lasciassero da sola ... si, sola insieme a tantissimi altri doriani!
"Coloro che sognano di giorno, sanno molte cose che sfuggono a chi sogna solamente la notte".
Questa frase l'ho vista scritta per la prima volta all'inizio di un articolo di Sampdoria Club. Credo che renda benissimo l'idea.
Il popolo blucerchiato è un popolo di pescatori (il che non è affatto un insulto, come invano cercano di farci credere i nostri avversari) che sulla loro barchetta, in mezzo al mare pensano, sognano, non si sa bene cosa, ma in fondo non è neppure importante. Il fatto è che loro sono là, al tramonto e guardano il punto in cui il cielo ed il mare (qualcosa che molti milanesi non sanno quasi neanche cosa siano) si toccano e confondono i contorni delle cose materiali, in una enorme macchia rossastra, evanescente.
E' così che ci si sente quando si respira la vita?
Forse è anche questo essere Sampdoriani: sentirsi parte di una ristretta cerchia di persone che hanno il privilegio di sentirsi come il pescatore, di provare emozioni che gli altri non proveranno mai.
Inutile ricordare come i cerchi orizzontali siano sempre i più belli.
Paola, 41 anni
Mamma Sampdoriana a Milano

"17 maggio 1999.
Da ieri pomeriggio la Sampdoria è matematicamente retrocessa in serie B, grazie ad un'illuminata decisione dell'arbitro Trentalange che ha concesso un rigore inesistente al Bologna quando correva il 92' di gioco.
Sono questi i momenti più bui della mia decennale carriera di tifosa blucerchiata.
Ma anche nel dramma recente l'unica cosa che mi viene in mente è il blu intenso delle maglie della Samp, che ci accompagnerà ancora per molto tempo. Non si può mollare proprio perché quel blu rimarrà per sempre su quelle maglie, ed anche se non sarà più sotto i riflettori di ribalte europee tingerà ancora il profondo del cuore di ognuno dei suoi tifosi, fino all'ultimo e al più remoto dei suoi tifosi. Per chi è vicino da sempre a questa squadra ed ha vissuto con lei mille traversìe non possono contare le divisioni di categoria: per ricostruire la splendida realtà che la Sampdoria ha rappresentato devono resistere unicamente l'amore e l'entusiasmo che l'hanno circondata. Forza Sampdoria, insieme rinasceremo".
Questo scrivevo a chiosa della prima retrocessione vissuta sulla pelle, con ancora negli occhi Göteborg, lo scudetto, il cammino fino a Wembley.
Eppure sono queste parole, maturate il giorno dopo l'onta, con qualche ora di decompressione a lenire quell'inedito dolore e a metabolizzare lo scorno, che rappresentano ancora a tre lustri di distanza il mio modo di essere sampdoriana. Perché come l'intensità dell'amore per una persona si misura dalla sua assenza, anche la passione per una bandiera si quantifica quando questa è nella polvere, sconfitta ed umiliata. È allora che appare chiaro quanto questi sentimenti siano simili fino a coincidere.
Entrambi non presuppongono tornaconto, chiedono solo le prove che si è disposti a dare, non ammettono alternative semplicemente perché impossibili persino da concepire.
E infatti -oggi come allora- amo la Sampdoria al pari di una persona: la sostengo, la difendo, la sento il mio orgoglio, anche nelle difficoltà e nelle sconfitte.
E infatti Il blu di quelle maglie è sempre rimasto blu, anche quando le mie stagioni e le sue tornavano ad inabissarsi nel nero; il blu di quelle bandiere ha saputo riempirmi gli occhi e il cuore e il vuoto, mi ha sempre dato una ragione per resistere, per provare a correre, per esistere.
Alessia, 38 anni
Professoressa a Milano
Da ieri pomeriggio la Sampdoria è matematicamente retrocessa in serie B, grazie ad un'illuminata decisione dell'arbitro Trentalange che ha concesso un rigore inesistente al Bologna quando correva il 92' di gioco.
Sono questi i momenti più bui della mia decennale carriera di tifosa blucerchiata.
Ma anche nel dramma recente l'unica cosa che mi viene in mente è il blu intenso delle maglie della Samp, che ci accompagnerà ancora per molto tempo. Non si può mollare proprio perché quel blu rimarrà per sempre su quelle maglie, ed anche se non sarà più sotto i riflettori di ribalte europee tingerà ancora il profondo del cuore di ognuno dei suoi tifosi, fino all'ultimo e al più remoto dei suoi tifosi. Per chi è vicino da sempre a questa squadra ed ha vissuto con lei mille traversìe non possono contare le divisioni di categoria: per ricostruire la splendida realtà che la Sampdoria ha rappresentato devono resistere unicamente l'amore e l'entusiasmo che l'hanno circondata. Forza Sampdoria, insieme rinasceremo".
Questo scrivevo a chiosa della prima retrocessione vissuta sulla pelle, con ancora negli occhi Göteborg, lo scudetto, il cammino fino a Wembley.
Eppure sono queste parole, maturate il giorno dopo l'onta, con qualche ora di decompressione a lenire quell'inedito dolore e a metabolizzare lo scorno, che rappresentano ancora a tre lustri di distanza il mio modo di essere sampdoriana. Perché come l'intensità dell'amore per una persona si misura dalla sua assenza, anche la passione per una bandiera si quantifica quando questa è nella polvere, sconfitta ed umiliata. È allora che appare chiaro quanto questi sentimenti siano simili fino a coincidere.
Entrambi non presuppongono tornaconto, chiedono solo le prove che si è disposti a dare, non ammettono alternative semplicemente perché impossibili persino da concepire.
E infatti -oggi come allora- amo la Sampdoria al pari di una persona: la sostengo, la difendo, la sento il mio orgoglio, anche nelle difficoltà e nelle sconfitte.
E infatti Il blu di quelle maglie è sempre rimasto blu, anche quando le mie stagioni e le sue tornavano ad inabissarsi nel nero; il blu di quelle bandiere ha saputo riempirmi gli occhi e il cuore e il vuoto, mi ha sempre dato una ragione per resistere, per provare a correre, per esistere.
Alessia, 38 anni
Professoressa a Milano

La Sampdoria è qualcosa che ho dentro sin da bambino.
Le emozioni con in mano i suoi colori hanno dipinto una parte del mio cuore.
Hanno cominciato a farlo quando avevo circa 10 anni ed ammiravo quella maglia nel piccolo televisore della cucina con Papà e non hanno mai smesso. Ed io ho sentito ogni singola pennellata. Quei colori per me sono famiglia come un abbraccio con papà dopo un gol in un mercoledì di coppa e la nostra gioia riflessa negli occhi di mamma o mia sorella a 5 anni che per la strada dribbla i panettoni facendo finta di essere Vialli.
Quei colori sono per me chilometri di autostrada per andare da lei, treni presi all'ultimo minuto, ore passate in stazione, compagni di viaggio. Momenti indimenticabili ed altri decisamente meno. Persone di cui non ricordo il nome ed altre di cui non lo scorderò mai. Amicizia e amore. Incompatibilità ed affinità. Ma soprattutto la certezza che posso anche perdermi ma lei saprà sempre ricordarmi da dove vengo e farmi sentire a casa.
Ora sento di far parte con voi di un gruppo meraviglioso. Continuiamo ogni giorno a costruirla questa casa per chi come noi ama la Sampdoria vivendo a Milano. Io continuerò a metterci tutto il sentimento che ho!
Grazie Amici!
Christian, 35 anni
Tassista a Milano
Le emozioni con in mano i suoi colori hanno dipinto una parte del mio cuore.
Hanno cominciato a farlo quando avevo circa 10 anni ed ammiravo quella maglia nel piccolo televisore della cucina con Papà e non hanno mai smesso. Ed io ho sentito ogni singola pennellata. Quei colori per me sono famiglia come un abbraccio con papà dopo un gol in un mercoledì di coppa e la nostra gioia riflessa negli occhi di mamma o mia sorella a 5 anni che per la strada dribbla i panettoni facendo finta di essere Vialli.
Quei colori sono per me chilometri di autostrada per andare da lei, treni presi all'ultimo minuto, ore passate in stazione, compagni di viaggio. Momenti indimenticabili ed altri decisamente meno. Persone di cui non ricordo il nome ed altre di cui non lo scorderò mai. Amicizia e amore. Incompatibilità ed affinità. Ma soprattutto la certezza che posso anche perdermi ma lei saprà sempre ricordarmi da dove vengo e farmi sentire a casa.
Ora sento di far parte con voi di un gruppo meraviglioso. Continuiamo ogni giorno a costruirla questa casa per chi come noi ama la Sampdoria vivendo a Milano. Io continuerò a metterci tutto il sentimento che ho!
Grazie Amici!
Christian, 35 anni
Tassista a Milano